Il Canto delle Balene
Il mondo è immerso nei suoni: suoni artificiali e naturali, suoni violenti o così fievoli che ci è impossibile recepire, suoni d’amore e d’odio, suoni per vivere e per indicare la morte…oggi vorrei parlarvi di un suono in particolare, “canto” lo chiamiamo noi, che a metà del secolo scorso ha scatenato uno dei più gradi movimenti animalisti della storia: Il canto delle balene.
(Ascoltare: 3. La vita è lotta – Il Post di Nicolò Porcelluzzi, da cui ho tratto questa storia)
Fin dall’antichità l’uomo caccia le balene. Se inizialmente poteva essere per nutrimento presto cominciarono a diffondersi diversi manufatti composti da parti di capidogli e megattere , come le aste dei corsetti, ma, soprattutto, ciò che veniva richiesto era il grasso e l’olio da esso estratto che fu per anni la base dell’energia; per poi non parlare dell’ambra grigia, una sostanza di scarto che non solo poteva essere utilizzata come combustibile ma che divenne uno degli elementi fondamentali dell’alchimia e che aveva un costo non trascurabile.
Nel ‘700 la “pesca” (così chiamata nonostante le prede siano dei mammiferi) comincia ad aumentare e i cacciatori ad organizzarsi; ma è nel 1800 che tale pratica diviene una vera e propria industria. Specialmente in America e più in particolare nel porto di New Bedford dal quale salpavano più di metà delle baleniere presenti nei mari internazionali.
“È complicato fare una stima accurata, ma secondo alcune ricerche solo nel secolo scorso sono state uccise circa tre milioni di balene, il 90% di molte popolazioni. Per fare un paragone: è come se scomparisse l’intera popolazione mondiale, esclusi gli abitanti dell’Austria. Questa caccia impari è arrivata al punto di riscrivere la struttura sociale che teneva insieme i capodogli da una quantità di tempo inimmaginabile: da millenni, milioni di anni, non lo sappiamo.
Il record di uccisioni non risale all’Ottocento ma agli anni Sessanta del Novecento: quando le navi erano ormai dotate di sonar e andavano a benzina, e gli arpioni erano carichi di esplosivi. Ma anche quando ormai era scomparsa la domanda che reggeva l’economia di un secolo prima”
A metà dell‘800 la caccia ha subito un rallentamento ma non si è fermata, anzi, con lo svilupparsi di nuove tecnologie si è evoluta. Comunque, nel 1925 la Lega delle Nazioni riconobbe lo sfruttamento delle balene e il bisogno di una regolamentazione. Nel 1930 venne fondato il Dipartimento di Statistica sulla Caccia Internazionale alle Balene e poi la Convenzione per la Regolamentazione della Caccia alla Balena, il primo accordo internazionale ratificato nel 1931 ed è nel 1948 che venne istituita la Convenzione Internazionale per la Regolamentazione della Caccia alla Balena (ICRW).
Infatti, con la scoperta del petrolio, il bisogno di grasso cetaceo è andato scremando ma ciò che forse ha contribuito di più a mettere un freno a questo eccidio è stata una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica che si è accorta che quegli animali, così possenti e misteriosi, erano belli e, con le loro “voci”, simili a noi.
(Wikipedia, la storia della caccia alle balene: https://it.wikipedia.org/wiki/Caccia_alla_balena)
Durante la guerra fredda, per scopi militari, si sono ascoltati e registrati per la prima volta i versi dei cetacei. A metà degli anni ’60 queste registrazioni (la più corta delle quali durava 6minuti mentre la più lunga superava la mezz’ora) sono state date a Roger Payne e Katharine Payne che le pubblicarono assieme ad altre loro registrazioni in un LP chiamato “Songs of the Humpback Whale “ che divenne il disco di suoni naturali più venduto al mondo. La prima versione, prodotta sotto National Geographic, comprendeva anche un commento del biologo e vendette oltre 10 milioni di copie.
Questi suoni, che assomigliano così tanto ai nostri lamenti, ci connettono con quegli animali e risvegliano la morale della massa che smette di vederli come semplice merce ma come esseri viventi. Ci identifichiamo con i loro canti antropomorfizzando chi li emette. Non c’è niente di meglio per proteggere una specie che riconoscerla come prossima a noi o, semplicemente, come bella. Alla fine la morale ha senso estetico.
La pubblicazione dei canti, quindi, sensibilizzò molto sul tema della caccia baleniera e il mondo cominciò a muoversi a tal proposito. Nel 1972 si arriva al Marine Mammal Protection Act e in seguito al Endangered Species Act of 1973. Ed, infine, il grande traguardo del 1986 con la messa al bando della caccia alle balene.
Ma cosa sono davvero questi canti?
“Il canto delle balene consiste in una serie di suoni emessi dai cetacei per poter comunicare. La parola “canto” è usata in particolare per descrivere il campione di suoni prevedibili e ripetibili prodotti da determinate specie di balene (specialmente la megattera, Megaptera novaeangliae) in un modo che ai cetologi ricorda il canto umano.”
Altri suoni delle balene :
Durante il corteggiamento, le megattere, emettono anche altri tipi di suoni staccate dai canti Prima di cacciare (le megattere mangiano collettivamente) producono dei “ feeding call”, ovvero un suono costante di 5/10 sec.
Il verso dei cetacei rimane ancora uno dei più grandi misteri degli abissi (a chi interessasse l’argomento rinvio al podcast del Post sopracitato: Sonar)
Nei cetacei la produzione del suono differisce tra odontoceti (tra cui i delfini) e misticeti (tra cui le balene), due gruppi che si dividono per la presenza o meno dei denti e dunque per la varietà della dieta. Se del primo gruppo, che genera un verso più veloce e meno melodico composto da fischi e click, è possibile fornire una spiegazione su come vengono prodotti i versi, le metodologie della produzione melodica dei misticeti rimangono ancora di ardua comprensione anche se si ipotizza il riciclaggio dell’aria del corpo.
Queste melodie subacquee sono composte da un insieme ripetuto di fischi e lamenti che seguono uno schema preciso e gerarchico. Sono riconoscibili delle unità di base, suoni unitari ed ininterrotti della durata di alcuni secondi di frequenza tra 20 Hz a 10 kHz, che possono variare in frequenza ed ampiezza. Quattro o cinque unità messe assieme durano circa dieci secondi e formano una “sotto-frase” che, se accoppiata ad un’altra “sotto-frase”, forma una “frase”. La stessa “frase” viene ripetuta più e più volte da uno stesso esemplare (questo fenomeno viene chiamato tema) ed il canto è costituito, appunto, da una collezione di questi temi.
I canti si evolvono nel tempo andando pian piano a modificare le unità di base che li compongono.
Alcuni studi dimostrano che i versi varino di gruppo in gruppo, di famiglia in famiglia divenendo un riconoscimento sociale. Non solo, sono state riscontrate tonalità simili tra esemplari di gruppi diversi ma che vivono nel medesimo ambiente come degli accenti regionali.
Il suono, che in acqua si propaga in modo diverso che nell’aria, può viaggiare per diverse centinaia di chilometri
A “cantare” sono solo i maschi durante il periodo dell’accoppiamento per cui è più che probabile la funzione di corteggiamento.
È presumibile che i suoni prodotti dai misticeti abbiano anche un ruolo di navigazione che li aiuterebbe a riconoscere e individuare gli oggetti nell’acqua essendo carenti gli altri sensi e privi dell’’ecolocalizzazione degli odontoceti.
Come abbiamo visto, dunque, il suono per i cetacei è estremamente importante. Privi di altri organi di senso sviluppati questi mammiferi marini si affidano al loro udito e ai loro versi per vivere. Non è solo un fattore di corteggiamento ma la produzione di suoni è un messaggio sociale che permette di identificarsi e di identificare la propria famiglia, di connettersi con gli altri e di navigare ed esplorare il mare. Per i Delfini esso è un vero e proprio scanner dell’ambiente circostante oltre che il principale metodo di comunicazione.
I cetacei utilizzano il suono per scambiarsi informazioni come la posizione del cibo, la presenza di predatori o la salute dei cuccioli.
Come impatta, allora, l’inquinamento sonoro sulla vita di questi animali?
-Report WWF il rumore antropico nel mare, sopportabile per l’uomo, deleterio per i cetacei–
Qualche giorno fa ho ricevuto questa email da Greenpeace
lo sai che alcune specie di balene possono comunicare tra di loro anche a 6.000 km di distanza? Immagina cosa succederebbe però se delle enormi macchine venissero calate sui fondali marini per trivellare alla ricerca di metalli, producendo un frastuono fortissimo. È quello che rischia di accadere con il Deep Sea Mining, le estrazioni minerarie in acque profonde, che potrebbero spazzare via interi ecosistemi marini provocando danni irreparabili anche alle balene e agli altri cetacei, disorientandoli. Questo rischio è reale ed imminente! Alcune aziende infatti hanno già ottenuto i permessi per esplorare i fondali marini e altre stanno facendo pressione sui governi, anche in Italia. Si stima che tra le 22 e le 30 specie di cetacei, tra cui balenottere azzurre, balenottere minori e megattere, nuotano nella zona di Clarion-Clipperton nell’Oceano Pacifico, dove l’industria sta fortemente spingendo per dare il via all’estrazione mineraria in acque profonde. Sotto la superficie dell’oceano, le balene sono circondate da suoni naturali, inclusi i vocalizzi della loro specie, nonché da altri animali marini, come pesci, crostacei e foche. Tutto questo ora è minacciato dall’avidità di aziende senza scrupoli. |
I suoni prodotti da queste operazioni estrattive interferiscono con le frequenze di comunicazione dei cetacei, disorientandoli e provocando cambiamenti di comportamento nei mammiferi marini. Le balene e gli altri cetacei devono già affrontare numerosi fattori di stress, tra cui il cambiamento climatico, e molte specie si stanno ancora riprendendo da secoli di sfruttamento. Proprio per questo dobbiamo evitare l’impatto che le estrazioni dai fondali marini profondi avrebbero sulla loro vita. Se queste gigantesche macchine saranno calate a migliaia di chilometri sul fondo dell’oceano, alla ricerca di metalli come cobalto, manganese e nichel, la biodiversità che abita gli abissi sarà duramente colpita, in quanto enormi nubi di detriti vagheranno per centinaia di chilometri e il forte rumore disorienterà le balene. |
Oggigiorno il mare è invaso non solo dai suoni naturali ma anche da quelli prodotti dall’attività antropica che vanno ad interferire con i metodi di comunicazione delle specie e a modificare l’habitat marino.
In confronto a 50 anni fa, nel nord Atlantico, le balene hanno perso tra il 63 e il 67% dello spazio di comunicazione a causa dei rumori prodotti dalle barche adibite a funzioni commerciali. In questa zona del mondo sono presenti gli ultimi esemplari (550) di balena franca, gravemente nuociuta da questo fenomeno.
I cetacei non possono sfuggire a questi rumori invasivi, non possono cantare più forte e non possono immergersi troppo in profondità in quanto la pressione e il volume d’aria disponibile non permetterebbero la vocalizzazione.
I suoni antropici possono causare il deterioramento se non addirittura la perdita del senso dell’udito e obbligare i cetacei a cambiare zona. Non è solo la capacità uditiva ad essere compromessa ma, con essa e in rapporto ad essa, quella di orientamento aumentando così il rischio di spiaggiarsi.
L’abbandono dell’habitat, inoltre, comporta una modifica le dinamiche e le dimensioni sociali.
Tra le principali fonti di inquinamento sonoro marino troviamo il traffico nautico il cui rumore non viene percepito dall’uomo ma disturba gli animali marini. Esso non è uniforme in tutto l’ambiente acquatico ma, ovviamente, si concentra principalmente sulle tratte più frequentate.
“Il disturbo originato da fonti acustiche come quelle del traffico nautico non è percepibile dall’orecchio umano, si tratta di un “rumore silenzioso” per l’uomo, ma non per i Misticeti e alcune specie di Odontoceti. Il rumore navale può aumentare quello ambientale di 40-60 dB anche per lunghi periodi di tempo, con picchi di oltre 80 dB. L’aumento del rumore a bassa frequenza (10-1000 Hz) genera un disturbo di tipo indiretto con conseguenze a breve e medio termine: può interferire con la comunicazione, produrre stress e alterazione delle rotte che, conseguentemente, portano alla riduzione della capacità riproduttiva e all’abbandono di aree essenziali per alimentazione, riproduzione e allevamento dei piccoli”
Oltretutto l’eccessiva presenza di navi aumenta il rischio di scontri con i cetacei. Si è stimato che siano oltre 40 gli esemplari che muoiono annualmente in seguito ad una collisione con un’imbarcazione.
Ma non è solo questo a generare rumore sotto la superficie acquatica. Sono diverse le attività che compie l’uomo e che vanno a modificare la sfera sonora marittima. Le forme di questi disturbi variano nel tempo e nello spazio. Impattanti sono, ad esempio, i sonar, le indagini sismiche, impianti eolici offshore e lo sfruttamento di giacimenti fossili.
Dobbiamo quindi imparare a limitare la dispersione dei suoni nell’ambiente marino ma non solo. La specie umana è invasiva, impone sul mondo il proprio essere e sta colonizzando anche il suono. Per un attimo fermiamoci ad ascoltare cosa c’è sotto il rumore dei lavori, del traffico, della musica a palla…magari riusciremo a sentire una balena cantare.
Fonti
https://it.wikipedia.org/wiki/Caccia_alla_balena
https://www.greelane.com/it/humanities/storia–cultura/a-brief-history-of-whaling-1774068
https://it.wikipedia.org/wiki/Roger_Payne
https://en.wikipedia.org/wiki/Songs_of_the_Humpback_Whale_(album)
L’inquinamento acustico minaccia le balene | Il Bo Live UniPD
Canto delle balene – Wikipedia
L’inquinamento acustico minaccia le balene | Il Bo Live UniPDIl rumore delle attività umane è devastante per capodogli, balene e delfini. Il report – greenMe
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