Il costo della Moda
“la missione degli abiti non è soltanto quella di tenerci al caldo. Essi cambiano l’aspetto del mondo ai nostri occhi e cambiano noi agli occhi del mondo”
disse una volta Virginia Wolf
La società di oggi è dettata dalla moda, i vestiti diventano più della persona, la superficialità uccide l’umanità; ma l’essere umano, come animale, è superficiale: il mondo naturale è dettato dalle prime impressioni e gli esseri viventi basano la loro riproduzione sull’aspetto esteriore, basti pensare alla ruota del pavone, ai colori degli uccelli, alla bioluminescenza degli abitanti abissali.
L’uomo è un animale ma soprattutto è un ricercatore di bellezza. La moda è una forma d’arte, chi sa vestirsi bene un artista, chi crea un piccolo dio che incrementa l’industria dello stile. Il modo in cui ci vestiamo è un mezzo per esprimerci, è il primo impatto che diamo al mondo, la prima parte di noi che palesiamo. In una realtà in cui è impossibile non comunicare, il nostro stile prova disperatamente a evidenziare chi vorremmo essere.
Per cui la moda non è solo superficie, è la prima forma di meraviglia che possiamo concederci.
Fino a quando non diventa una cosa ridicola; siamo la società delle tendenze, dell’omologazione. Prezzi esorbitanti spesi per indumenti solo perché di un certo marchio, ragazze che non escono di casa se non hanno le unghie abbinate alle scarpe, interi discorsi incentrati su un pantalone, gruppi vestiti quasi allo stesso modo. La moda, che doveva essere un mezzo per differenziarsi trasformata nella prima arma di uccisione dell’unicità; ma non solo, l’industria dell’abbigliamento crea desideri effimeri, mode che restano per un mese, un giro di soldi oltre ogni immaginazione: consumismo.
L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo.
Secondo un rapporto del global fashion green per produrre una maglietta servono 2.700 litri d’acqua (pari al consumo di una persona per tre anni) e per i jeans l’utilizzo aumenta arrivando a circa 7.000 litri per paio.
Ogni anno da questo settore vengono emesse più di un miliardo e mezzo di tonnellate di CO2, pari al 2% delle emissioni totali; il 20% dell’inquinamento idrico mondiale è dovuto al trattamento e alla tintura dei tessili.
Oggigiorno la maggior parte degli indumenti è costituita da materiali sintetici provenienti dalla plastica che impiegano anni per disintegrarsi; perché un collant di lycra si decomponga possono trascorrere tra i 20 e i 200 anni. Il cotone, che potrebbe costituire una scelta più sostenibile, occupa il 2,5% delle terre arabili del globo e la sua produzione consuma grandi quantità d’acqua e fa uso di pesticidi e prodotti chimici.
Inoltre molti abiti non sono costituiti da un unico materiale rendendo quindi praticamente impossibile il loro riciclo.
I consumatori, poi, richiedono sempre più vestiti e i commercianti glie li danno, indumenti che costano poco e prodotti in massa: la fast fashion.
Utilizzando materiali scadenti, sfruttando risorse e persone, creando rifiuti e scarti. Le grandi multinazionali spostano le loro sedi di produzione in paesi dove la mano d’opera e le materie prime costano meno, senza farsi scrupoli ad abusare di lavoratori con paghe infime e condizioni di vita misere e indegne e aggiungendo oltre al già rilevante impatto ambientale della produzione quello del trasporto dei prodotti nelle sedi di spaccio sparse sul pianeta. I prezzi sempre più bassi portano i consumatori a comprare sempre di più, anche cose che non servono, indossano un vestito per un’unica sera, producono rifiuti e incrementano il lucro dell’azienda della moda.
Esistono alternative a tutto questo?
Ormai molte aziende si sono cimentate nella ricerca di modi più sostenibili per creare gli indumenti arrivando perfino a trovare il modo di fabbricare tessuti partendo da scarti di vino e birra. Ma, ovviamente, i primi a dover cambiare sono i compratori.
Innanzitutto bisogna cominciare ad acquistare meno vestiti. Uno dei consigli che si sente più spesso è quello di guardare le etichette: comprare prodotti fabbricati vicino a noi, con materiali migliori, cercare capi che non mischino le fibre…andare a fare acquisti in negozi ecosolidali, spendendo un po’di più per del vestiario prodotto con criteri di tutela ambientali e, soprattutto, di fattura migliore che quindi potrà durare anni.
Soprattutto bisogna cominciare a creare un’economia circolare, non solo tramite il riutilizzo dei tessuti o i vestiti realizzati con scarti ma, più semplicemente, iniziando ad utilizzare vestiti vecchi, usati, ridare una seconda vita gli abiti. Realtà come Vinted, subito o i negozi delle pulci. Le possibilità esistono.
Una delle iniziative migliori sono gli swap-party. Durante questi eventi le persone possono portare i vestiti che non usano più e prendere quelli di altri, porto 1 prendo 1. Nessun costo, nessuno spreco. Un ottimo modo per svuotarti (e rifarti) l’armadio.
L’ultimo consiglio è, se ti interessa come ti vesti, creati uno stile che non dipenda dalle mode.
“La moda è la via per non decidere chi sei. Lo stile è decidere chi sei e la capacità di perpetuarlo” -Quentin Crisp
Prova a ridare una nuova forma ai tuoi vestiti, ecco alcune idee:
26 IDEE PER I TUOI VESTITI – YouTube
How To Turn Your Jeans Into A Denim Jacket (The EASIEST DIY Tutorial!) – YouTube
4 No-Sew DIY T-Shirt Hacks To Transform Your Style This Summer – YouTube
DA JEANS A GONNA! – DIY facile e gratis – YouTube
7 FANTASTICI RICICLO DI JEANS! – YouTube
A chi invece interesserebbe provare gli swap-party:
Eventi Swap Party – Venezia, Italia | Eventbrite
Negozi dell’usato a Treviso:
Viale Della Repubblica 89, – 31100 Treviso, (TV)
Via dei da Prata, 34\a – 31100 Treviso (TV)
Viale Monfenera, 14 – 31100 Treviso (TV)
Via Piavesella 6 – 31020 Villorba (TV)
Fonti
A chi vanno i dieci euro pagati per una maglietta? – Non sprecare
Fast fashion: cosa c’è dietro alla moda che costa poco (tuttogreen.it)
Quanto costa (all’ambiente) vestirsi – Focus.it
Moda ecosostenibile: 10 consigli per rendere il tuo look più green! (ecocultura.it)
Junk – Armadi Pieni, documentario sugli impatti sociali e ambientali della fast fashion
Imagine di copertina : Immagine di Freepik